Pubblichiamo
di seguito una pagina di Gaetano Riggio sul Circolo Feace di Agrigento tratta
da: Mario La Loggia (a cura di), Agrigentini
illustri 1890-1940, Vol. 1°, Siculgrafica, Agrigento 2001, pp. 19-20
(edizione fuori commercio).
Il Circolo «Feace, creato forse da Cafiero, come società di mutuo soccorso, divenne nel ‘900 il circolo degli operai e degli artigiani. Lo statuto ne rifletteva lo spirito laico e socialistico. Il circolo agli inizi del secolo svolse consistenti attività culturali; lezioni venivano impartite agli analfabeti e frequentemente venivano tenute conferenze al fine ovviamente di elevare il livello spirituale dei soci. Il comitato direttivo faceva opera di mediazione pacificatrice nel caso gli iscritti fossero coinvolti in vertenze che avrebbero potuto dar luogo ad antipatiche conseguenze giudiziarie o peggio, nonché di assistere nel caso di malattie o comunque di circostanze tali da costituire motivo di seria preoccupazione per via delle condizioni di assoluta indigenza da parte di chi le subiva.
Nel
1924 il consiglio di amministrazione decise la confluenza del sodalizio in un
sindacato fascista affidando la gestione commissariale a Vito Palermo che non
fece pesare la sua autorità e che anzi si mantenne piuttosto lontano, sì da
dare la sensazione che tutto fosse rimasto inalterato, ma nel 1930 il sindacato
fascista stesso, visti gli atti, ordinò la consegna dei locali con vivo
disappunto dei soci. Il consigliere Gaetano Gaglio allora propose di inviare
una lettera al capo del governo facendo la storia del sodalizio e soprattutto
richiamandolo alle sue esperienze personali e familiari ricordandogli appunto
che il padre Alessandro era stato fondatore di una associazione le cui finalità
erano del tutto identiche a quelle del Feace. La missiva venne sottoposta al
giudizio del capo di gabinetto della prefettura che consigliò di spedirla al
destinatario così come gli era stata presentata.
Nel
breve giro di quindici giorni Mussolini personalmente ordinava di non doversi
procedere alla requisizione paventata prescrivendo il pagamento simbolico di un
canone annuo di L. 1. In seguito diverrà Dopolavoro fascista.»
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