mercoledì 30 marzo 2016

MICHELANGELO INGRASSIA, Momenti di storia della società operaia di adernò in alcune carte d’archivio

Gli amici del sodalizio di Adrano hanno consegnato al presidente del Coresi la copia di alcuni documenti d’archivio che raccontano momenti significativi del mutualismo adranese. Sono scene di vita sociale quotidiana che testimoniano l’esistenza storica di un valore perenne da recuperare: il mutuo appoggio. Da recuperare perché crediamo nell’uso rivoluzionario della tradizione: quella tradizione della solidarietà solennemente affermata nella nostra Costituzione. A tal fine riportiamo in vita, con quest’articolo, frammenti di quella grande ed eroica narrazione.

Quando il Circolo degli Onesti Operai fu fondato, il 10 gennaio 1868 dal barone Benedetto Guzzardi Moncada, la città di Adrano era indicata nelle mappe della geografia fisica e politica con la denominazione di Adernò. Successivamente, nel 1929, la città riprese l’antico toponimo di Adranon, con il quale Dionigi il vecchio di Siracusa l’aveva fondata, e diventò “Adrano”.
Il barone Benedetto Guzzardi Moncada appartiene storicamente a quella piccola pattuglia di aristocratici siciliani che, audacemente, si rifiutarono di pensare e agire con la mentalità politica e sociale gattopardesca del “cambiare tutto per non cambiare nulla”.
Protagonista dell’epopea risorgimentale, egli fu esponente di quel Risorgimento democratico e rivoluzionario che si proponeva di risolvere il problema dell’unificazione nazionale nell’ambito della questione sociale. Credette nella partecipazione diretta di tutto il popolo alla lotta per l’indipendenza e alla vita politica ed economica della Nazione; sostenne il programma politico ed economico dei democratici basato sul suffragio universale, sull’assemblea costituente e sul cooperativismo che affidava “capitale” e “lavoro” alle stesse mani: quelle del popolo d’Italia. Quello di Guzzardi, insomma, era il Risorgimento del povero, teorizzato da Giuseppe Ferrari; era il Risorgimento dei contadini, auspicato da Ippolito Nievo; era il Risorgimento di Giuseppe Mazzini ed egli fu un fervente mazziniano, come attesta il suo epistolario con il patriota repubblicano; era il Risorgimento delle masse popolari che in Sicilia si erano battute con le rivoluzioni dell’Ottocento: dal 1820 al 1860 passando per le gloriose e tragiche giornate del 1848 siciliano.  
Guzzardi fu il combattente di questo Risorgimento nazionale e popolare che nel 1860, per primo, inalberò nel castello Normanno di Adernò il tricolore, ancor prima che giungessero le camicie rosse in città. Questo Risorgimento fu sconfitto politicamente nel 1860 a Teano e militarmente nel 1862 ad Aspromonte dove i patrioti democratici, che con Garibaldi intendevano liberare la mazziniana Roma del popolo, furono fermati dalle fucilate dall’Esercito Italiano mandato dal governo di Torino; e Guzzardi era ad Aspromonte con l’Eroe dei Due Mondi.
 Al Risorgimento della Nazione, dunque, non seguì il Risorgimento delle masse. Tradito dalle consorterie politiche borghesi e dalla prassi dei governi liberali moderati, il Risorgimento delle masse continuò la propria lotta nelle campagne e nelle città, con gli scioperi e con le tentate insurrezioni; e riorganizzando quelle Società Operaie da cui scaturiranno i Fasci Siciliani dei Lavoratori, le Camere del Lavoro, le organizzazioni sindacali, i partiti del lavoro.
La biografia politica di Guzzardi spiega il ruolo che le Società Operaie ebbero nell’Italia post-unitaria. Fu all’interno dei sodalizi che le masse ritrovarono quel Risorgimento sociale vissuto praticando la vita in comune attraverso la solidarietà, il cooperativismo, la democrazia; con le elezioni degli organismi, la formazione culturale, le battaglie per i diritti sociali. E Guzzardi si batterà, anche da consigliere comunale di Adernò dal 1864 al 1871, per la solidarietà e in particolare per l’assistenza sanitaria.
Questa vita comunitaria, il significato di un impegno, l’importanza della lotta sociale sono valori custoditi negli archivi dei sodalizi che è bene aprire per capire come fecero, i nostri padri, ad affrontare l’eterna lotta tra il ricco e il povero; una lotta che ancora oggi non è finita.

L’unione fa la forza
Nella disamina delle carte, pervenute senza classificazione, non si seguirà, qui, un ordine cronologico bensì tematico; e il tema che merita di essere affrontato subito è quello dell’unità tra le singole forze sociali nel nome del bene comune. Di particolare interesse risulta, a tal proposito, la corrispondenza intercorsa nell’estate del 1890 tra i sodalizi cittadini. Si compone di due lettere: una, datata 27 agosto, è su carta intestata dell’Unione Operaia di Adernò; l’altra, del 28 agosto, è su carta intestata del Circolo degli Operai di Adernò. Con la prima lettera, indirizzata al Circolo degli Operai, il Presidente dell’Unione Operaia comunicava che l’assemblea dei soci, riunitasi il 26 agosto, aveva deliberato all’unanimità di «entrare in amichevoli relazioni» con le associazioni di Adernò «permettendo ai soci» dei sodalizi del Circolo, dell’Agraria, di Patria e Lavoro e Benedetto Guzzardi, «di potere liberamente accedere nella sala della Società colla speranza in seguito di stringere più intime relazioni per il bene del paese a cui mira e deve sempre mirare lo scopo degli onesti». Nella seconda lettera, inviata all’Unione Operaia, il Presidente del Circolo degli Operai, dopo avere ringraziato «sentitamente i soci di cotesto sodalizio che spontaneamente hanno conferito quell’alto onore», informava i soci dell’Unione Operaia che il 27 agosto si era riunita in via straordinaria l’assemblea del Circolo che, all’unanimità, aveva a sua volta deliberato di «accettarsi tutti i Soci di cotesta benemerita Società Unione Operaia di potere liberamente accedere in questo Circolo Operai». Anche questa seconda lettera si concludeva richiamando «l’unione di tutti gli operai» che deve «mirare al bene del nostro paese».
I due documenti dimostrano innanzitutto che non sempre le singole Società Operaie si chiudevano in un geloso quanto inutile isolamento. E’ più importante evidenziare, però, un altro dato storico. I documenti, infatti, attestano che nel 1890 era in corso un processo molecolare di aggregazione delle Società Operaie siciliane; si tratta di un evento assai significativo, che si sviluppa alla vigilia della fondazione dei Fasci Siciliani dei Lavoratori. Una prova, dunque, del ruolo svolto dalle Società Operaie siciliane nella formazione dello straordinario movimento dei Fasci e nel perseguimento dell’unità tra tutte le forze sociali che rivendicavano il Risorgimento delle masse. Non bisogna dimenticare, infine, che nel 1892 si celebrerà a Palermo il diciottesimo congresso nazionale delle Società Operaie nel corso del quale, grazie al voto dei delegati siciliani, i collettivisti si imporranno sui democratici determinando una svolta politica di matrice socialista nelle Società Operaie; quella stessa matrice socialista che aveva dato l’impronta originaria al movimento dei Fasci Siciliani dei Lavoratori che, non a caso, si costituirà nello stesso momento in cui nascerà a Genova quel Partito dei Lavoratori che assumerà qualche anno dopo la denominazione di Partito Socialista Italiano. Il principio dell’unione, deliberato dai sodalizi ad Adernò e in altre parti della Sicilia, generava la forza delle classi subalterne che si organizzavano unitariamente per trasformare la realtà sociale e politica del Paese: una lezione quanto mai attuale.

La solidarietà in azione
Una serie di quattro documenti mostra lo straordinario movimento della solidarietà che caratterizzava il mutuo appoggio. Il primo si compone di tre pagine nelle quali è annotato il «Servizio sanitario dal 1° maggio al 31 agosto 1914». Sono indicati settantasette soci del sodalizio e per ciascuno di essi il numero di visite mediche, ordinarie e notturne, effettuate dai medici Antonino Greco, Giuseppe Neri e Salvatore Spitalieri; è riassunto alla fine il numero totale e il costo delle visite per lire 333,30.
L’altro documento si compone anch’esso di tre pagine e riporta il «Turno per l’assistenza del socio Greco Vincenzo». L’infermo fu assistito dai suoi compagni dal 2 al 3 settembre 1901, con turni di un’ora distribuiti nell’arco delle due giornate e svolti da gruppi di due o di quattro soci che si dettero volontariamente il cambio.
Il terzo documento è costituito da una lettera datata «Buenos Aires 4 ottobre 1917» e firmata dal socio Placido Costa. Nella lettera, indirizzata al Presidente del Circolo, il Costa chiede l’invio «di quel poco di denaro che io tengo in deposito» per pagare il viaggio di ritorno ad Adernò. Commoventi le motivazioni spiegate dal Costa: vecchio, afflitto dai reumatismi, non ha più le forze di lavorare e ha perso «il necessario di potere andare avanti». La lettera, però, contiene una seconda motivazione storicamente interessante: il Costa, infatti, è «molto stuffo di sta qui Inamerica perche causa la guerra non ce comercio di niente con che non si può trovare lavoro di nesune parte e per tutto questo io sto facendo questo». Nonostante gli errori grammaticali, è evidente la condizione vissuta e subita dagli emigranti italiani in America Latina negli anni della prima guerra mondiale; si tratta di un aspetto poco noto che la storiografia non ha ancora affrontato.
L’ultimo documento, infine, è costituito anch’esso da una lettera, datata «Adernò 13 luglio 1904», con la quale il socio Giuseppe Viaggio chiede al Presidente del Circolo di «riunire la commissione di conciliazione per conciliare una vertenza sorta tra lo stesso e il socio Giuseppe Chiavaro». Noi siamo abituati a vedere nella solidarietà soltanto il sostegno morale o materiale al prossimo, confondendo solidarismo e carità o, peggio, filantropismo. Ma la solidarietà presuppone anche la possibilità di regolare quelle questioni che eventualmente sorgono nell’ambito della vita collettiva non sulla base della lite giudiziaria, che caratterizza i rapporti giuridici dei codici civili e penali borghesi, bensì sulla base della conciliazione, che presuppone il dialogo alla pari tra i membri della comunità.
I quattro documenti, nel complesso, testimoniano l’importanza della vita collettiva organizzata nelle Società Operaie e mostrano uno stile di vita alternativo a quello dominante fondato sul profitto, sulla competizione e sull’interesse individuale.

Organizzazione interna
Una serie di carte minori riguarda la vita interna del sodalizio ed è composta da lettere di convocazioni assembleari, inviti o solleciti a versare la quota d’adesione, avvisi per partecipare «all’accompagnamento all’ultima dimora» di soci passati a miglior vita (nel biglietto è riportato che l’assenza ingiustificata alla cerimonia funebre avrebbe comportato una multa «di lire cinque» per il socio assente). Dall’intestazione di alcuni biglietti si apprende che durante il fascismo, il Circolo di Adrano si trasformò nel «Dopolavoro Arnaldo Mussolini». Non furono pochi i Dopolavoro intestati alla memoria del fratello del Duce. Il fatto non è privo d’importanza storica se si considera che Arnaldo Mussolini, in gioventù, era stato repubblicano e nei suoi scritti si richiamava spesso a Mazzini e al mazzinianesimo; del resto Arnaldo Mussolini, morto nel dicembre 1931, aveva un’idea del fascismo ben diversa da quella del più noto fratello.
Tra queste carte minori se ne segnala una in particolare, costituita da una lettera del 30 ottobre 1912, inviata al Presidente del Circolo e firmata da Rosario Di Marzo il quale, saputo che il Circolo doveva assumere un bidello, si offriva quale candidato non nascondendo che «gravato di numerosa famiglia fa voti venga accordata la superiore domanda». E’ indicativo il fatto che per l’assunzione di collaboratori, il Circolo procedesse a quella che oggi definiremmo una “selezione pubblica” invece di assegnare impieghi ad amici e parenti di soci più o meno influenti.

Società Operaia e Società Civile
Un fascicoletto di due documenti evidenzia l’attenzione che le Società Operaie mostravano nel relazionarsi con la società civile. Fatto notevole, che dimostra come le Società Operaie erano parte attiva della comunità cittadina e non corpi estranei o circoli esclusivi. Un primo documento è costituito da una delibera del Circolo, votata all’unanimità il 22 maggio 1905, che esprime «Voti di lode al Delegato P. S. ed ai RR. CC. Per la brillante azione in seguito ai gravi misfatti che hanno turbato la quiete degli Onesti Cittadini». Si tratta, insomma, di una menzione assegnata al Delegato della Pubblica Sicurezza e alla tenenza dei Carabinieri di Adernò che avevano individuato e arrestato gli autori di alcuni crimini commessi ad Adernò. Questo documento sgomina il luogo comune della Sicilia omertosa e dimostra che una Sicilia sensibile al valore della legalità esisteva già allora.
Il secondo documento, datato 28 settembre 1873, è costituito dall’ammissione «a Socio Operaio e scelto a Presidente Onorario, non che la Medaglia dell’ingegno» deliberata all’unanimità dal Circolo in favore «del Sig. Cavaliere Giovanni Petronio, per l’invenzione della sua Locomotiva». Si tratta di una vicenda dimenticata, quando non ignorata, che questo prezioso documento recupera dall’ufficio delle storie smarrite. Giovanni Petronio Russo, di Adernò, è l’inventore della celebre «Trinacria»: una locomotiva a vapore che, invece di muoversi sui binari ferroviari, era capace di circolare su strada; il Petronio, insomma, aveva realizzato il prototipo dell’automobile ma sulla sua straordinaria invenzione calò ben presto il silenzio. Dopo la nomina a Presidente Onorario del Circolo, il Petronio si distinse come assessore comunale e nel 1887 riuscì a scoprire le cause del colera che aveva colpito la popolazione di Adernò e a sconfiggerle.

Cultura e memoria
Infine, due interessanti documenti di “sapore” artistico. Il primo, composto da due pagine, contiene la «Sottoscrizione di Soci per il monumento al Barone Benedetto Guzzardi Moncada», con elenco di nomi e quote versate, e uno schizzo del monumento. E’ necessario soffermarsi brevemente su questo documento. La realizzazione di un monumento, o di opere di altro genere dedicate al mutualismo o a figure prestigiose delle varie Società Operaie, non era fine a se stessa. Attraverso un monumento, un quadro, un libro, una medaglia, una cartolina, le Società Operaie costruivano una memoria storica visibile, tramandavano un ricordo, esponevano un esempio, consegnavano la cultura del mutualismo e della solidarietà al mito storico. Il compito della mitologia e della mitografia mutualistica era quello di agire come rappresentazione simbolica, come spinta propulsiva nelle generazioni giovani. Erano momenti formativi, educativi, che alimentavano una tradizione e una coscienza: quella della solidarietà. Realizzare un monumento o pubblicare un libro equivaleva, per le antiche Società Operaie, a proiettarsi nel futuro con un messaggio ben preciso per le lotte dell’avvenire: mirare alla solidarietà, all’unità, al bene comune.
L’ultimo documento è una lettera datata «Firenze 14 Sett. 1922», indirizzata dal celebre pittore Angelo La Naia «all’Onorevole Presidente» del Circolo di Adernò. Il contenuto delle tre pagine di cui si compone il documento riguarda l’incarico, dato al pittore, di dipingere quattro ritratti da esporre nei locali del Circolo.
La Naia, pittore e scultore famoso, nativo di Adernò, autore del monumento ai caduti della Grande guerra che ancora oggi è possibile ammirare nella piazza di Adrano, aveva frequentato la Scuola d’Arte istituita ad Adernò dal Circolo Democratico Barone Benedetto Guzzardi. Ancora oggi si possono apprezzare, appesi alle pareti del Circolo, i suoi ritratti che raffigurano Mazzini, Garibaldi, Rapisardi e Giordano Bruno: quattro volti, quattro biografie, quattro epiche di valori, idee, visioni della vita e del mondo, quattro esempi nel cui volto è possibile intravedere il significato eterno della solidarietà e di quelle due mani che si stringono con la forza dell’unione e che rappresentano il simbolo del mutuo appoggio.

Michelangelo Ingrassia

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