Gli amici del sodalizio di
Adrano hanno consegnato al presidente del Coresi la copia di alcuni documenti
d’archivio che raccontano momenti significativi del mutualismo adranese. Sono
scene di vita sociale quotidiana che testimoniano l’esistenza storica di un
valore perenne da recuperare: il mutuo appoggio. Da recuperare perché crediamo
nell’uso rivoluzionario della tradizione: quella tradizione della solidarietà
solennemente affermata nella nostra Costituzione. A tal fine riportiamo in vita,
con quest’articolo, frammenti di quella grande ed eroica narrazione.
Quando
il Circolo degli Onesti Operai fu fondato, il 10 gennaio 1868 dal barone
Benedetto Guzzardi Moncada, la città di Adrano era indicata nelle mappe della
geografia fisica e politica con la denominazione di Adernò. Successivamente, nel
1929, la città riprese l’antico toponimo di Adranon,
con il quale Dionigi il vecchio di Siracusa l’aveva fondata, e diventò “Adrano”.
Il
barone Benedetto Guzzardi Moncada appartiene storicamente a quella piccola
pattuglia di aristocratici siciliani che, audacemente, si rifiutarono di
pensare e agire con la mentalità politica e sociale gattopardesca del “cambiare
tutto per non cambiare nulla”.
Protagonista
dell’epopea risorgimentale, egli fu esponente di quel Risorgimento democratico
e rivoluzionario che si proponeva di risolvere il problema dell’unificazione
nazionale nell’ambito della questione sociale. Credette nella partecipazione
diretta di tutto il popolo alla lotta per l’indipendenza e alla vita politica
ed economica della Nazione; sostenne il programma politico ed economico dei
democratici basato sul suffragio universale, sull’assemblea costituente e sul
cooperativismo che affidava “capitale” e “lavoro” alle stesse mani: quelle del
popolo d’Italia. Quello di Guzzardi, insomma, era il Risorgimento del povero,
teorizzato da Giuseppe Ferrari; era il Risorgimento dei contadini, auspicato da
Ippolito Nievo; era il Risorgimento di Giuseppe Mazzini ed egli fu un fervente
mazziniano, come attesta il suo epistolario con il patriota repubblicano; era
il Risorgimento delle masse popolari che in Sicilia si erano battute con le
rivoluzioni dell’Ottocento: dal 1820 al 1860 passando per le gloriose e
tragiche giornate del 1848 siciliano.
Guzzardi
fu il combattente di questo Risorgimento nazionale e popolare che nel 1860, per
primo, inalberò nel castello Normanno di Adernò il tricolore, ancor prima che
giungessero le camicie rosse in città. Questo Risorgimento fu sconfitto
politicamente nel 1860 a Teano e militarmente nel 1862 ad Aspromonte dove i
patrioti democratici, che con Garibaldi intendevano liberare la mazziniana Roma
del popolo, furono fermati dalle fucilate dall’Esercito Italiano mandato dal
governo di Torino; e Guzzardi era ad Aspromonte con l’Eroe dei Due Mondi.
Al Risorgimento della Nazione, dunque, non
seguì il Risorgimento delle masse. Tradito dalle consorterie politiche borghesi
e dalla prassi dei governi liberali moderati, il Risorgimento delle masse
continuò la propria lotta nelle campagne e nelle città, con gli scioperi e con
le tentate insurrezioni; e riorganizzando quelle Società Operaie da cui
scaturiranno i Fasci Siciliani dei Lavoratori, le Camere del Lavoro, le
organizzazioni sindacali, i partiti del lavoro.
La
biografia politica di Guzzardi spiega il ruolo che le Società Operaie ebbero
nell’Italia post-unitaria. Fu all’interno dei sodalizi che le masse ritrovarono
quel Risorgimento sociale vissuto praticando la vita in comune attraverso la
solidarietà, il cooperativismo, la democrazia; con le elezioni degli organismi,
la formazione culturale, le battaglie per i diritti sociali. E Guzzardi si
batterà, anche da consigliere comunale di Adernò dal 1864 al 1871, per la
solidarietà e in particolare per l’assistenza sanitaria.
Questa
vita comunitaria, il significato di un impegno, l’importanza della lotta
sociale sono valori custoditi negli archivi dei sodalizi che è bene aprire per
capire come fecero, i nostri padri, ad affrontare l’eterna lotta tra il ricco e
il povero; una lotta che ancora oggi non è finita.
L’unione fa la forza
Nella
disamina delle carte, pervenute senza classificazione, non si seguirà, qui, un
ordine cronologico bensì tematico; e il tema che merita di essere affrontato
subito è quello dell’unità tra le singole forze sociali nel nome del bene
comune. Di particolare interesse risulta, a tal proposito, la corrispondenza
intercorsa nell’estate del 1890 tra i sodalizi cittadini. Si compone di due
lettere: una, datata 27 agosto, è su carta intestata dell’Unione Operaia di
Adernò; l’altra, del 28 agosto, è su carta intestata del Circolo degli Operai
di Adernò. Con la prima lettera, indirizzata al Circolo degli Operai, il
Presidente dell’Unione Operaia comunicava che l’assemblea dei soci, riunitasi
il 26 agosto, aveva deliberato all’unanimità di «entrare in amichevoli
relazioni» con le associazioni di Adernò «permettendo ai soci» dei sodalizi del
Circolo, dell’Agraria, di Patria e Lavoro e Benedetto Guzzardi, «di potere
liberamente accedere nella sala della Società colla speranza in seguito di
stringere più intime relazioni per il bene del paese a cui mira e deve sempre
mirare lo scopo degli onesti». Nella seconda lettera, inviata all’Unione
Operaia, il Presidente del Circolo degli Operai, dopo avere ringraziato «sentitamente
i soci di cotesto sodalizio che spontaneamente hanno conferito quell’alto onore»,
informava i soci dell’Unione Operaia che il 27 agosto si era riunita in via
straordinaria l’assemblea del Circolo che, all’unanimità, aveva a sua volta
deliberato di «accettarsi tutti i Soci di cotesta benemerita Società Unione
Operaia di potere liberamente accedere in questo Circolo Operai». Anche questa
seconda lettera si concludeva richiamando «l’unione di tutti gli operai» che
deve «mirare al bene del nostro paese».
I
due documenti dimostrano innanzitutto che non sempre le singole Società Operaie
si chiudevano in un geloso quanto inutile isolamento. E’ più importante
evidenziare, però, un altro dato storico. I documenti, infatti, attestano che
nel 1890 era in corso un processo molecolare di aggregazione delle Società Operaie
siciliane; si tratta di un evento assai significativo, che si sviluppa alla
vigilia della fondazione dei Fasci Siciliani dei Lavoratori. Una prova, dunque,
del ruolo svolto dalle Società Operaie siciliane nella formazione dello
straordinario movimento dei Fasci e nel perseguimento dell’unità tra tutte le
forze sociali che rivendicavano il Risorgimento delle masse. Non bisogna dimenticare,
infine, che nel 1892 si celebrerà a Palermo il diciottesimo congresso nazionale
delle Società Operaie nel corso del quale, grazie al voto dei delegati
siciliani, i collettivisti si imporranno sui democratici determinando una
svolta politica di matrice socialista nelle Società Operaie; quella stessa
matrice socialista che aveva dato l’impronta originaria al movimento dei Fasci
Siciliani dei Lavoratori che, non a caso, si costituirà nello stesso momento in
cui nascerà a Genova quel Partito dei Lavoratori che assumerà qualche anno dopo
la denominazione di Partito Socialista Italiano. Il principio dell’unione,
deliberato dai sodalizi ad Adernò e in altre parti della Sicilia, generava la
forza delle classi subalterne che si organizzavano unitariamente per
trasformare la realtà sociale e politica del Paese: una lezione quanto mai
attuale.
La solidarietà in azione
Una
serie di quattro documenti mostra lo straordinario movimento della solidarietà
che caratterizzava il mutuo appoggio. Il primo si compone di tre pagine nelle
quali è annotato il «Servizio sanitario dal 1° maggio al 31 agosto 1914». Sono
indicati settantasette soci del sodalizio e per ciascuno di essi il numero di
visite mediche, ordinarie e notturne, effettuate dai medici Antonino Greco,
Giuseppe Neri e Salvatore Spitalieri; è riassunto alla fine il numero totale e
il costo delle visite per lire 333,30.
L’altro
documento si compone anch’esso di tre pagine e riporta il «Turno per
l’assistenza del socio Greco Vincenzo». L’infermo fu assistito dai suoi
compagni dal 2 al 3 settembre 1901, con turni di un’ora distribuiti nell’arco
delle due giornate e svolti da gruppi di due o di quattro soci che si dettero
volontariamente il cambio.
Il
terzo documento è costituito da una lettera datata «Buenos Aires 4 ottobre 1917»
e firmata dal socio Placido Costa. Nella lettera, indirizzata al Presidente del
Circolo, il Costa chiede l’invio «di quel poco di denaro che io tengo in
deposito» per pagare il viaggio di ritorno ad Adernò. Commoventi le motivazioni
spiegate dal Costa: vecchio, afflitto dai reumatismi, non ha più le forze di
lavorare e ha perso «il necessario di potere andare avanti». La lettera, però,
contiene una seconda motivazione storicamente interessante: il Costa, infatti,
è «molto stuffo di sta qui Inamerica perche causa la guerra non ce comercio di
niente con che non si può trovare lavoro di nesune parte e per tutto questo io
sto facendo questo». Nonostante gli errori grammaticali, è evidente la
condizione vissuta e subita dagli emigranti italiani in America Latina negli
anni della prima guerra mondiale; si tratta di un aspetto poco noto che la
storiografia non ha ancora affrontato.
L’ultimo
documento, infine, è costituito anch’esso da una lettera, datata «Adernò 13
luglio 1904», con la quale il socio Giuseppe Viaggio chiede al Presidente del
Circolo di «riunire la commissione di conciliazione per conciliare una vertenza
sorta tra lo stesso e il socio Giuseppe Chiavaro». Noi siamo abituati a vedere
nella solidarietà soltanto il sostegno morale o materiale al prossimo,
confondendo solidarismo e carità o, peggio, filantropismo. Ma la solidarietà
presuppone anche la possibilità di regolare quelle questioni che eventualmente
sorgono nell’ambito della vita collettiva non sulla base della lite
giudiziaria, che caratterizza i rapporti giuridici dei codici civili e penali
borghesi, bensì sulla base della conciliazione, che presuppone il dialogo alla
pari tra i membri della comunità.
I
quattro documenti, nel complesso, testimoniano l’importanza della vita
collettiva organizzata nelle Società Operaie e mostrano uno stile di vita
alternativo a quello dominante fondato sul profitto, sulla competizione e
sull’interesse individuale.
Organizzazione interna
Una
serie di carte minori riguarda la vita interna del sodalizio ed è composta da
lettere di convocazioni assembleari, inviti o solleciti a versare la quota
d’adesione, avvisi per partecipare «all’accompagnamento all’ultima dimora» di
soci passati a miglior vita (nel biglietto è riportato che l’assenza
ingiustificata alla cerimonia funebre avrebbe comportato una multa «di lire
cinque» per il socio assente). Dall’intestazione di alcuni biglietti si
apprende che durante il fascismo, il Circolo di Adrano si trasformò nel «Dopolavoro
Arnaldo Mussolini». Non furono pochi i Dopolavoro intestati alla memoria del
fratello del Duce. Il fatto non è privo d’importanza storica se si considera
che Arnaldo Mussolini, in gioventù, era stato repubblicano e nei suoi scritti
si richiamava spesso a Mazzini e al mazzinianesimo; del resto Arnaldo
Mussolini, morto nel dicembre 1931, aveva un’idea del fascismo ben diversa da
quella del più noto fratello.
Tra
queste carte minori se ne segnala una in particolare, costituita da una lettera
del 30 ottobre 1912, inviata al Presidente del Circolo e firmata da Rosario Di
Marzo il quale, saputo che il Circolo doveva assumere un bidello, si offriva
quale candidato non nascondendo che «gravato di numerosa famiglia fa voti venga
accordata la superiore domanda». E’ indicativo il fatto che per l’assunzione di
collaboratori, il Circolo procedesse a quella che oggi definiremmo una
“selezione pubblica” invece di assegnare impieghi ad amici e parenti di soci
più o meno influenti.
Società Operaia e Società
Civile
Un
fascicoletto di due documenti evidenzia l’attenzione che le Società Operaie
mostravano nel relazionarsi con la società civile. Fatto notevole, che dimostra
come le Società Operaie erano parte attiva della comunità cittadina e non corpi
estranei o circoli esclusivi. Un primo documento è costituito da una delibera
del Circolo, votata all’unanimità il 22 maggio 1905, che esprime «Voti di lode
al Delegato P. S. ed ai RR. CC. Per la brillante azione in seguito ai gravi
misfatti che hanno turbato la quiete degli Onesti Cittadini». Si tratta,
insomma, di una menzione assegnata al Delegato della Pubblica Sicurezza e alla
tenenza dei Carabinieri di Adernò che avevano individuato e arrestato gli
autori di alcuni crimini commessi ad Adernò. Questo documento sgomina il luogo
comune della Sicilia omertosa e dimostra che una Sicilia sensibile al valore
della legalità esisteva già allora.
Il
secondo documento, datato 28 settembre 1873, è costituito dall’ammissione «a
Socio Operaio e scelto a Presidente Onorario, non che la Medaglia dell’ingegno»
deliberata all’unanimità dal Circolo in favore «del Sig. Cavaliere Giovanni
Petronio, per l’invenzione della sua Locomotiva». Si tratta di una vicenda
dimenticata, quando non ignorata, che questo prezioso documento recupera
dall’ufficio delle storie smarrite. Giovanni Petronio Russo, di Adernò, è
l’inventore della celebre «Trinacria»: una locomotiva a vapore che, invece di
muoversi sui binari ferroviari, era capace di circolare su strada; il Petronio,
insomma, aveva realizzato il prototipo dell’automobile ma sulla sua
straordinaria invenzione calò ben presto il silenzio. Dopo la nomina a
Presidente Onorario del Circolo, il Petronio si distinse come assessore
comunale e nel 1887 riuscì a scoprire le cause del colera che aveva colpito la
popolazione di Adernò e a sconfiggerle.
Cultura e memoria
Infine,
due interessanti documenti di “sapore” artistico. Il primo, composto da due pagine,
contiene la «Sottoscrizione di Soci per il monumento al Barone Benedetto
Guzzardi Moncada», con elenco di nomi e quote versate, e uno schizzo del
monumento. E’ necessario soffermarsi brevemente su questo documento. La
realizzazione di un monumento, o di opere di altro genere dedicate al
mutualismo o a figure prestigiose delle varie Società Operaie, non era fine a
se stessa. Attraverso un monumento, un quadro, un libro, una medaglia, una
cartolina, le Società Operaie costruivano una memoria storica visibile,
tramandavano un ricordo, esponevano un esempio, consegnavano la cultura del
mutualismo e della solidarietà al mito storico. Il compito della mitologia e
della mitografia mutualistica era quello di agire come rappresentazione
simbolica, come spinta propulsiva nelle generazioni giovani. Erano momenti
formativi, educativi, che alimentavano una tradizione e una coscienza: quella
della solidarietà. Realizzare un monumento o pubblicare un libro equivaleva,
per le antiche Società Operaie, a proiettarsi nel futuro con un messaggio ben
preciso per le lotte dell’avvenire: mirare alla solidarietà, all’unità, al bene
comune.
L’ultimo
documento è una lettera datata «Firenze 14 Sett. 1922», indirizzata dal celebre
pittore Angelo La Naia «all’Onorevole Presidente» del Circolo di Adernò. Il
contenuto delle tre pagine di cui si compone il documento riguarda l’incarico,
dato al pittore, di dipingere quattro ritratti da esporre nei locali del
Circolo.
La
Naia, pittore e scultore famoso, nativo di Adernò, autore del monumento ai
caduti della Grande guerra che ancora oggi è possibile ammirare nella piazza di
Adrano, aveva frequentato la Scuola d’Arte istituita ad Adernò dal Circolo
Democratico Barone Benedetto Guzzardi. Ancora oggi si possono apprezzare,
appesi alle pareti del Circolo, i suoi ritratti che raffigurano Mazzini,
Garibaldi, Rapisardi e Giordano Bruno: quattro volti, quattro biografie,
quattro epiche di valori, idee, visioni della vita e del mondo, quattro esempi
nel cui volto è possibile intravedere il significato eterno della solidarietà e
di quelle due mani che si stringono con la forza dell’unione e che
rappresentano il simbolo del mutuo appoggio.
Michelangelo Ingrassia
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